«Quando mio padre e Francesco De Gregori, nel 1974, scrissero questa canzone, contestarono apertamente il modo di vivere borghese e allo stesso tempo manifestarono l’attrazione per un’anarchia intesa soprattutto come categoria dello spirito – racconta Cristiano De André – In questo passaggio rivedo il disagio di mio padre, per diversi anni a confine delle due condizioni. Durò poco, fortunatamente, la sua identità libertaria vinse su tutto e lo guidò fino alla fine. Ciò che mi spinge a riproporre questa canzone non è solo la volontà di estendere alle generazioni future i suoi insegnamenti, ma anche la convinzione che alcuni paradossi sociali non siano cambiati e che quindi valga la pena continuare a lottare».